FOTOSUB Club Corsi ARA e APNEA FIPSAS – CMAS
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Recupero di un Elica – di Andrea e Simona

Pantelleria, luglio 2007.  La ricerca

Io e Simona, mia moglie, siamo qui in vacanza a dare una mano al Green Divers.

E’ da qualche tempo che circola una voce tra alcuni pescatori: di fronte a Mursia c’e’ qualcosa. Non molto grande, sui trenta metri di profondita’. Forse un aereo che ha combattuto nella battaglia di Pantelleria tra il maggio ed il giugno del 1943.

Incrociando i vari racconti, abbiamo capito dove ci saremmo dovuti immergerci per effettuare la ricerca.

 

Sfortuna vuole che sia tempo di maestrale e quindi e’ impossibile uscire con la barca.

Dobbiamo attendere diversi giorni, finchè ecco che il vento cambia: scirocco. E il mare si spiana. Oggi e’ il giorno giusto.

Ci prepariamo all’immersione di ricerca. Io sono impegnato con un allievo, quindi con Simona scenderanno Mauro, un istruttore qui in vacanza e Afoto gruppontonello, proprietario del diving. Sulla barca restera’ Dino.

Arrivati sul punto stimato, entriamo in acqua, io vado sotto costa per un’immersione tranquilla, gli altri scendono sul fondo, sabbia e posidonia, si dispongono a tridente e iniziano a cercare.

Il racconto di Simona:

“Per me e’ il primo recupero, quindi sicuramente c’e’ un misto di emozione e di frenesia. Chissa’ chi di noi avvistera’ per primo qualcosa… Proseguiamo la ricerca per una decina di minuti e ci sembra di non vedere nulla, anche se ogni posidonia, ogni roccia che incontriamo sembra avere una forma anomala e quindi viene scrutata con attenzione. Finche’ ecco, vedo che Mauro e Antonello convergono entrambi verso un punto ben preciso. Arrivo anch’io!!!! Ed eccola, l’elica, adagiata sul fondo, sottosopra, con il cilindro del mozzo bene in vista. Con un po’ di fatica, Antonello e Mauro estraggono una pala dalla sabbia ed eccola, ora abbiamo capito di che si tratta. Ma non ci facciamo prendere dall’emozione e, come veri professionisti, sagoliamo l’elica per ritrovare il punto e continuiamo la ricerca sempre in formazione a tridente, partendo dal punto del ritrovamento. A una trentina di metri di distanza, finalmente, la sorpresa piu’ grande: la carlinga dell’aereo con le ali e il carrello!!! Mamma mia, dire che l’emozione era palpabile, non riuscirebbe a descrivere neanche lontanamente quello che i nostri occhi si sono detti quando si sono incrociati. Abbiamo esplorato con attenzione ogni minimo dettaglio, abbiamo cercato di capire che tipo di aereo fosse, che cosa stavamo guardando, i carrelli, la carlinga, le ali… Indescrivibile!!!

A quel punto, visto che gia’ eravamo in immersione da una mezz’oretta buona, siamo tornati indietro verso l’elica e, dopo un’ultima ricognizione, abbiamo legato un pedagno all’elica stessa e siamo risaliti.

Dino era gia’ in acqua e ci stava osservando con la maschera dalla superficie. Appena risaliti, io ho gridato dalla gioia e dall’emozione. Mi e’ dispiaciuto che Andrea non avesse partecipato, ma sapevo che ci sarebbe stato un seguito.”

 elica2  

Le fotografie subacquee sono state scattate da Mauro Melani

Il recupero

E’ notte fonda.

Sono ore di trepidante attesa.

Domani mattina e’ il grande giorno, il giorno del recupero.

L’appuntamento e’ alle 05.30.

Faremo tutto all’alba.

Il piano prevede di recuperare la posizione tramite il pedagno lasciato durante la fase di ricerca. Dino rimarra’ a governare la barca, Antonello scendera’ con il pallone di recupero, simona avra’ il compito di assiterlo nell’assicurare quest’ultimo al mozzo dell’elica e quindi usera’ parte della sua bombola per riempire il pallone d’aria. Io filmero’ il recupero, e forse, riusciro’ pure a scattare qualche foto.

Arriviamo puntuali al diving e iniziamo ad assemblare i gruppi. Dobbiamo essere rapidi…anche di piu’. Non vogliamo essere visti durante il recupero.

Mettiamo tutta l’attrezzatura nel pickup di Antonello. Verifico che l’attrezzatura di ripresa sia pronta.

Siamo tutti elettrizzati, solo Dino, che di recuperi ne ha fatti, mostra una calma rassicurante.

Tempo di arrivare al porto, caricare tutto nella barca e si va. Finalmente vedro’ anche io questo relitto.

Il tempo e’ stupendo.

Il mare piatto e il cielo e’ rosa per l’alba. Un’immersione cosi’ l’ho fatta solo alle Maldive cinque anni fa.

Eccoci in barca…e’ tutto pronto. In pochi minuti raggiungiamo il punto di immersione. Una vestizione della muta e dei gruppi cosi’ veloce non me la ricordo.

Dino ci dice come imbracare l’elica per evitare che si possa rompere.

E’ un attimo. Siamo in acqua e immediatamente scendiamo verso il fondo lungo il pedagno. Nei primi metri c’e’ corrente.

Meno 10, meno 20, meno 30. Il fondo. Davanti a me il mozzo dell’elica. La visibilita’ e’ eccezionale, vediamo lo scafo della barca sopra di noi.

Antonello si posiziona vicino al mozzo e inizia a imbracare l’elica, con Simona vicino che gli passa la cima.

Sette minuti, sette lunghissimi minuti. Tanto ci vuole. Nel frattempo io riprendo tutto. Che fatica, e’ la prima volta che uso la telecamera di Antonello. Lo specchio laterale della custodia mi ribalta destra e sinistra. Faccio una grande fatica a inquadrare come voglio. Non credo riusciro’ a scattare anche qualche foto.

Siamo pronti. Simona e Antonello assicurano il pallone alla cima e iniziano a riempirlo d’aria. Antonello e’ cosi’ su di giri che usa il suo primo erogatore andando in apnea pur di erogare aria velocemente.

Ci siamo. Con un piccolo aiuto l’elica si stacca dal fondo e inizia a risalire. Antonello si siede su una delle pale per circa un metro di risalita. Poi si stacca.

E….

Beh a pensarci adesso era normale che succedesse, ma sul momento siamo rimasti sorpresi e meravigliati.

Insomma.

L’elica si e’ messa a girare, sempre piu’ velocemente. Il suo ultimo volo.

Sale troppo velocemente, non posso seguirla.

E’ tempo di riemergere.

Un’occhiata al computer: due minuti a tre metri.

In circa dieci minuti siamo in barca.

E ora la parte piu’ difficile, portare a terra il nostro reperto.

Ma non ora, lo faremo al tramonto. Pero’ prepariamo gia’ tutto. Portiamo il reperto in un punto ridossato. Dove gli scogli formano uno scivolo naturale. Con l’aiuto del pickup e di un copertone di camion riusciremo a tirare l’elica in secca.

E infatti le cosa vanno cosi’. Ci vuole quasi un’ora, ma alla fine l’elica e’ sul pickup. Pronta per essere portata da Antonello. Fuori dall’acqua pesera’ duecento chili. Che fatica. Ma che soddisfazione!

 

Lustratevi gli occhi!

Andrea e Simona

 
P.S. Dopo una settimana di estenuanti ricerche ho individuato il tipo di aereo, un Macchi C202.

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